Fine marzo 2022

L’inseguimento a cui si riferiva era avvenuto il giorno dopo aver incontrato Jacopo Tron. Aveva trascorso la notte sul divanetto nel suo ufficio all’università, fatto inconsueto per un uomo abitudinario come lui. Si era svegliato di soprassalto, convinto di essere nella sua abitazione a Cannaregio. Si era sciacquato velocemente il viso ed era sceso in strada. Nonostante fosse ancora presto, i turisti avevano già preso d’assalto la città lagunare. Aveva preso il vaporetto all’Accademia, facendosi largo tra gli stranieri smaniosi di salire a bordo. Lungo il tragitto aveva ripensato alle parole dell’uomo che gli aveva fatto visita la sera precedente. Sanno che sta passando un periodo di grande turbamento esistenziale. Era vero. Aveva mentito dicendo che non voleva cambiare la sua vita. Un velo fradicio di rimorsi e rabbia repressa gli calò sul volto. Quanti mesi erano passati dal funerale, ormai? Strinse i pugni. Come a calcare la mano, ogni volta che rientrava in casa la sera si sentiva spiato da mille occhi, quelli dei dipinti degli antenati appesi alle pareti: comandanti di eserciti, ammiragli, generali. Si soffermava spesso a guardare quei visi seri, fieri di aver contribuito alla gloria della Repubblica. La sua carriera accademica era di tutto rispetto, ma evidentemente per qualcuno non era stato abbastanza. Allora si ripeteva che i tempi erano cambiati e che le opportunità per dimostrare il proprio valore erano molte meno rispetto a quelle delle epoche passate. Ma era così per davvero? Ora si combattevano altri conflitti, e altre minacce minavano i valori in cui credeva. Monumenti e statue che avevano resistito a più di duemila anni di storia umana abbattuti con i bulldozer, bambini usati come kamikaze nelle città siriane. Scontri tra uomini in nome della fede, nel XXI secolo! Sulla stampa si parlava spesso di guerra tra civiltà. Niente di più sbagliato: era una guerra di pochi fanatici contro i molti che non volevano altro che osservare il loro credo nel rispetto delle altre religioni. Il vaporetto si avvicinò alla banchina di Santa Lucia. Il marinaio lanciò la cima intorno alla bitta e, non appena sollevò la sbarra, la frotta di turisti si riversò sul piazzale della stazione ferroviaria, proprio mentre le campane di San Simeone Piccolo richiamavano i fedeli alla messa. Uno stormo di piccioni si alzò in volo spaventato. Alvise si avviò verso il ponte delle Guglie. Chi erano questi Francesco Gritti e Giacomo Falier? Non gli sembrava che il Conte gliene avesse mai parlato. Eppure, facevano parte della nobiltà locale, i cognomi erano inequivocabili. Perché avevano convocato proprio lui? Superò un’edicola sovrappensiero, poi gli venne in mente di comprare il giornale. Si voltò e scorse un movimento brusco che richiamò la sua attenzione. Forse se lo stava solo immaginando, ma gli sembrò che, confusi tra i passanti, due uomini lo stessero osservando. Appena si era girato si erano rivolti a un venditore ambulante, di colpo interessati alla sua mercanzia. Non ci pensò oltre ed entrò nell’edicola, acquistò una copia del Gazzettino e tornò in strada. Con la coda dell’occhio vide che i due stavano ancora discutendo. Ebbe il tempo per osservarli meglio: jeans, scarpe comode, giacconi invernali, occhiali da sole, capelli corti. Non avevano zaini, borse o borselli, tipici dei turisti in una città dove c’era molto da camminare.Tuttavia,volevano comprare un’imitazione di una borsa di Gucci, cosa che solo un turista avrebbe potuto fare. Dal loro aspetto gli venne da pensare a due poliziotti in borghese. Ma che senso aveva che comprassero delle borse taroccate? C’era solo un modo per capire se erano interessati a lui o se quest’idea fosse solo frutto della sua fantasia. Poiché era sabato e non aveva impegni particolari, decise di fare un esperimento. Invece di andare verso casa voltò a destra e attraversò il ponte degli Scalzi. Cercò di non girarsi, anche se era curioso di sapere se i due fossero dietro di lui. Si fermò quindi in un bar nella calle Lunga, appostandosi in un punto da dove era possibile tenere sott’occhio la strada. Ordinò cappuccino e brioche. Li vide passare. Certo, si disse, potevano benissimo andare nella sua stessa direzione. Dopo circa un quarto d’ora uscì e ripercorse il ponte degli Scalzi riprendendo la strada per Rio Terà, nella direzione contraria a quella presa poco prima. Mentre camminava si guardò intorno con discrezione, ma dei due non c’era più traccia. Arrivato a campo San Geremia entrò in chiesa, accese una candela per il Conte e uscì sul piazzale. Nessuno in vista. Rilassò le spalle e si riavviò verso casa. L’incontro notturno con quel Jacopo Tron doveva avergli messo in testa troppe fantasie da romanzo poliziesco. Mentre attraversava il ponte delle Guglie, ormai con le chiavi di casa in mano, trasalì di colpo. I due uomini erano fermi sul parapetto del ponte, intenti a fare delle foto al canale. Il percorso che avevano fatto non aveva senso, pensò. Come lui, dalla stazione avevano attraversato il ponte degli Scalzi, erano tornati indietro e ora stavano fotografando il canale sotto casa sua. Decise allora di proseguire, oltrepassando la sua abitazione con il bel terrazzino e le finestre ad arco polilobato. Arrivò a campo San Leonardo e si fermò a comprare della frutta alle bancarelle del mercato. Si voltò con discrezione ma, di nuovo, i presunti inseguitori erano scomparsi. A quel punto accelerò il passo, arrivando fino al ponte sopra il rio di San Marcuola. Si voltò e gli sembrò per un attimo di vedere uno dei due inseguitori. Inseguitori? Voleva la prova del nove: lasciare la via principale. Continuò a passo sostenuto fino a San Felice, poi all’improvviso svoltò in una calle strettissima, quella del Becher. Si ritrovò solo. Alle sue spalle sentiva il rumoreggiare dei passanti, la risata di un ragazzo, l’abbaiare di un cane. Percorse la via di corsa, zigzagando tra le pozzanghere che si erano formate tra i masegni. Si accorse che il vicolo non aveva diramazioni, ma che in fondo svoltava a destra e arrivava fino al canale, da dove si poteva tener d’occhio il ponte che aveva attraversato qualche minuto prima. Si accostò al murocon il cuore in gola e sbirciò da dietro l’angolo. Fu allora che li vide. Erano arrivati in cima al ponte e si guardavano intorno confusi. Si scambiarono qualche parola, con gli occhi rivolti alla folla. Uno dei due avanzò, ma ritornò pochi istanti dopo dal compagno allargando le braccia. Chi diavolo erano quei due? Che cosa stava succedendo? Alvise rimase nascosto nel vicolo almeno un quarto d’ora, il petto che si sollevava e si abbassava fremente, sbirciando di tanto in tanto in direzione del ponte. Quando fu sicuro che i due se ne fossero andati, fece lentamente ritorno a casa.