Cari ragazzi,

in questo periodo così difficile vi chiedo di prendere un'importante abitudine: leggete.

Vi scrivo, in un italiano più semplice, il testo di Manzoni.

Perché?

Perché Manzoni usa l'ipotassi, piena di quelle brutte congiunzioni coordinanti che vi ho mostrato nello scorso epub; voi invece siete abituati alla paratassi e cioè all'accostamento di frasi brevi tramite congiunzioni copulative, avversative, disgiuntive.

Giusto un ripassino...

Ripasso sulle congiunzioni

Visto che stiamo ripassando vi ripropongo qui i video della scorsa lezione:

Alessandro Manzoni

Manzoni e la lingua italiana

I Promessi Sposi

Vi ho scritto in corsivo le parti scritte proprio dal Manzoni, quelle più facili.

Let's go!

Personaggi:

Don Abbondio: prete di campagna

Bravi: due individui che è meglio non incontrare perchè, nonostante il nome, sono cattivissimi!

Luogo: quel ramo del lago di Como che volge al mezzogiorno...in poche parole Manzoni si riferisce al territorio di LECCO e non di Como, in Lombardia.

CAPITOLO 1

L'incontro tra Don Abbondio e i bravi

Don Abbondio faceva la sua consueta (solita) passeggiata tra le stradine della sua campagna. Era un prete abitudinario: amava fare sempre lo stesso percorso, aveva scelto di divenare prete non per essere un uomo di Dio ma perché riteneva di essere un vaso di terracotte, fragile, tra tanti contenitori di ferro, forti e duri. Non era un leone, cioè non era un uomo coraggioso, amava quella vita tranquilla e pensava che non sarebbe mai cambiata: qualche battesimo, qualche funerale e qualche matrimonio.

Attenzione: ti ho evidenziato l'imperfetto, utilizzato per indicare l'azione usuale, I used to...

Quel giorno, il 7 novembre del 1628, il nostro Don Abbondio stava dicendo le sue preghiere e si stava godendo l'aria del tardo pomeriggio quando...vide qualcosa che non avrebbe voluto vedere.

Attenzione: vide è un passato remoto e, in questo caso, indica un'azione improvvisa che cambia il ritmo del racconto e cambia radicalmente la vita di Don Abbondio.

Lo aspettavano, all'incrocio di due stradine, due uomini. Uno era sul muretto e l'altro in piedi,appoggiato al muro. I vestiti, il ciuffo che nascondeva il viso, le pistole, il pugnale e insomma tutto quanto si vedeva, mostravano che i due erano dei delinquenti: i bravi.

Che i due descritti aspettassero qualcuno, era evidente ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui.

Che fare? Tornare indietro, non era a tempo: darsela a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi.

– Signor curato, – disse un di quei due, piantandogli gli occhi in faccia.
– Cosa comanda? – rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro che gli restò spalancato nelle mani.
– Lei ha intenzione, – proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e arrabbiato di chi vede un suo inferiore fare una cosa sbagliata, – lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!
– Cioè… – rispose, con voce tremolante, don Abbondio: – cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi… e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi… noi siamo i servitori del comune.
– Or bene, – gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono di comando, – questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.
– Ma, signori miei, – rispose don Abbondio – ma, signori miei, mettetevi al mio posto. Se la cosa dipendesse da me… vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca…
– Orsù, – interruppe il bravo, – se la cosa avesse a decidersi a parole, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito… lei c’intende.
– Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli…
– Ma, – interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, – ma il matrimonio non si farà, o…
– e qui una buona bestemmia,
– o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e…
– un’altra bestemmia.
– Zitto, zitto, – riprese il primo bravo: – il signor curato è un uomo che conosce il mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e disse: – se mi sapessero suggerire…
– Oh! suggerire a lei che sa di latino! (cioè che ha studiato) – interruppe ancora il bravo, con una risata volgare e feroce.
– Ci pensi lei. E soprattutto, non dica agli sposi che siamo noi a non volere il matrimonio; altrimenti… ehm… sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?
– Il mio rispetto…
– Si spieghi meglio!
-… Disposto… disposto sempre all’ubbidienza
-. E, dicendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostrarono di prenderle nel significato più serio.
– Benissimo, e buona notte, messere, – disse l’un d’essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per evitarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative.
– Signori… – cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli ascolto, presero la strada da dove era venuto lui, e s’allontanarono, cantando una canzonaccia. Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, spaventatissimo.

continua...

Esercizio: immagina di essere Don Abbondio e racconta ciò che hai letto in prima persona (cioè tu sei il protagonista del racconto) e condividi con me il tuo elaborato su drive. Ti ricordo il mio indirizzo: ghepardino74@gmail.com