Il mondo che vorrei non corrisponde alla realtà nella quale sono immersa. Gli agghiaccianti e atroci avvenimenti di cui, ogni giorno, veniamo a conoscenza mediante i media, ci restituiscono l'immagine multiforme di un pianeta logorato dalla più esasperata e insana violenza. Tale violenza coinvolge gli ambiti più disparati, da quello sociale e familiare a quello religioso e culturale. Non a caso, la validità dell'espressione latina "homo homini lupus" sembra oltrepassare ogni spazio e ogni tempo, dal momento che si riferisce ad una concezione della natura umana secondo cui vi sarebbe, nell'uomo, l'istinto di sopraffare il proprio simile, come il lupo che, per sopravvivere, sbrana il più debole. Purtroppo, ogni giorno, in ogni angolo del mondo, vengono perpetrati raccapriccianti atti di violenza. Spesso, accade che tali ingiustizie si consumino in nome di un dio. Infatti, l'essere umano, nella sua millenaria e poco civile storia, ha issato bandiere fregiate dei simboli della divinità, al fine di accreditare come sante le sue battaglie, dai soldati di Carlo Magno ai Crociati, dalla Jihad all'Isis dei nostri giorni. Dunque, il mondo che vorrei è un mondo in cui “maltrattamento”, “sfruttamento” e “violenza” fossero soltanto vocaboli sul dizionario. Invece, si tratta, purtroppo, di vocaboli che, nel momento in cui si trasformano in concrete azioni, negano all'uomo il diritto di sognare un mondo migliore.
Inoltre, nel mondo che vorrei, dialogo e diplomazia costituiscono le supreme forme di comunicazione. Difatti, un ruolo decisivo nello stabilire contatti, relazioni, scambi tra Paesi, appartenenti a realtà anche assai distanti, può essere svolto proprio dalla diplomazia culturale. La diplomazia culturale rappresenta un ambito nel quale si sta via via diffondendo una consapevolezza sempre maggiore del potenziale impatto positivo che un'accorta valorizzazione di ciò che è comune può avere sul piano dei rapporti diplomatici e del dialogo politico, così come su quello degli scambi commerciali e turistici.
Proseguendo nella "lista" dei desideri e dei miglioramenti che vorrei tanto applicare alla realtà circostante, con la finalità di renderla migliore, intendo toccare una problematica estremamente delicata e comune, sfortunatamente, a molti miei coetanei, ma, soprattutto, a molte mie coetanee: i disturbi del comportamento alimentare.
Certo, fin dall’antichità la bellezza è stata valutata e misurata sulla base di un modello estetico di riferimento, riconosciuto dalla società in un determinato contesto storico e culturale.
Ad esempio, a partire dagli inizi degli anni Novanta, si è assistito all'affermazione della magrezza come ideale estetico, ideale a cui sono stati attribuiti significati psicologici: il corpo esile è stato associato a sicurezza in sé e autoaffermazione sociale. In tal senso, è emerso uno stretto legame tra il corpo filiforme ed il cambiamento del ruolo sociale della donna che, da madre e moglie, ha iniziato ad impegnarsi maggiormente nella carriera professionale.
Questo legame si è affermato maggiormente nel terzo millennio in cui, nella società globalizzata, i mass media hanno diffuso il concetto di bellezza equivalente a magrezza, realizzando un assai deleterio ''bombardamento mediatico'' mediante l’ossessiva pubblicità di corpi perfetti ma irrealizzabili per la maggior parte della popolazione.
È in tale contesto
socio-culturale che spesso le ragazze pervengono alla conclusione secondo cui le proprie difficoltà personali e sociali sono inequivocabilmente collegate al loro peso corporeo e che, dunque, il raggiungimento della magrezza rappresenta la soluzione in grado di migliorare la propria autostima. Alla luce di quanto appena argomentato, vorrei un mondo privo di canoni estetici irraggiungibili, in quanto causa di enorme sofferenza per una miriade di uomini e di donne. Vorrei, quindi, un mondo nel quale ciascun uomo e ciascuna donna fossero estremamente innamorati di se stessi, soddisfatti del proprio corpo, ma, soprattutto, in grado di apprezzare, prima di ogni altra cosa, l'interiorità delle persone. Infatti, io ritengo che l'interiorità di un individuo rimanga inalterata nel tempo, a differenza della corporeità, inevitabilmente sottoposta all'azione disgregatrice del tempo.
Infine, le condizioni di vita sarebbero sicuramente migliori in un mondo privo di inquinamento, problematica che, da anni, continua a persistere. Con il termine "inquinamento" si intende l'introduzione nell’ambiente di sostanze effettivamente o potenzialmente dannose per l'uomo e, in generale, per ogni essere vivente.
Negli ultimi anni, fortunatamente, nei Paesi ricchi e sviluppati le problematiche ecologiche sembrano essere entrate a far parte della coscienza collettiva e ci si è accorti dell'indispensabilità degli spazi verdi per il benessere comune. Anche i governi hanno iniziato ad affrontare tali problematiche nella prima conferenza delle Nazioni Unite, svoltasi nel 1972 a Stoccolma, per esaminare le conseguenze che sarebbero derivate da un incontrollato inquinamento ambientale. Nonostante diversi Stati abbiano proposto accordi internazionali, con la finalità di investire sulle fonti di energia rinnovabile, è, in ogni caso, compito di ognuno di noi trattare con grande cura e con grande rispetto il pianeta in cui viviamo. Ciò che ci manca è, sicuramente, la forza di volontà: spesso, pensiamo che, se siamo solo noi a comportarci in un determinato modo, la situazione non cambierà mai. Certo, ognuno di noi è solo una goccia nel mare, ma, dopotutto, cosa è l’oceano, se non una moltitudine di gocce?

Cecilia Abbate